A seguito della nuova pubblicazione dei dati Istat, nella quale è stato evidenziato un sostanziale aumento dell’incidentalità per l’anno 2005 rispetto ai dati provvisori pubblicati lo scorso anno (finalmente annunciato anche dai giornali nazionali), è possibile rivedere alcune considerazioni.
Innanzitutto nei primi giorni del 2008 la Polizia Stradale di Stato ha reso disponibili i dati sulle vittime degli incidenti stradali rilevati dalla stessa Polizia Stradale di Stato e dai Carabinieri.
I dati aggiornano una serie che inizia nel mese di marzo 2001 e consente di svolgere alcune prime riflessioni sull’evoluzione delle vittime degli incidenti stradali dopo l’entrata in vigore del decreto legge n. 117 del 3 agosto 2007, convertito in legge n. 160 del 2 ottobre 2007.
Come per la “patente a punti”, grazie alla quale vi fu un abbattimento del numero di morti con riduzioni più stabili nel 2004, 2005 e 2006, anche il decreto legge n. 117 ha comportato una abbassamento del numero di morti. È pari al 18,7% la riduzione del numero di morti registrata nel 2° semestre 2007 dalla Polizia Stradale e Carabinieri, rispetto al semestre precedente quando vi fu una riduzione di soli1,9 punti percentuali, e del 8% la riduzione del numero di feriti registrata sempre nel 2° trimestre 2007 sempre dalla Polizia Stradale e Carabinieri, in contro tendenza rispetto al precedente semestre dove vi fu un aumento del 1.7%. Il decreto legge si può dire che non è stato inefficace.
Per quanto riguarda la serie storica dell’Istat si può affermare che l’Italia sta registrando una riduzione del numero di morti fin dal 2003 – in ottemperanza alle direttive europee e in parallelo agli andamenti stessi dell’Unione Europea – ma il ritardo accumulato nel decennio 1990-2000 quando il resto dei paesi europei aveva iniziato la discesa non fa dormire sonni tranquilli. Con i nuovi dati la situazione in Italia peggiora ulteriormente: c’è sì una riduzione ma è al di sotto della media del resto dei paesi europei, la situazione non è omogenea su tutto il territorio e il dato è ancora forte di carenze qualitative (per esempio non viene ancora rilevata la differenza tra feriti lievi e gravi, come avviene in tutti i paesi europei tranne che per la Grecia).
Manca una coerente politica nazionale della sicurezza e le pianificazioni locali sono ancora troppo appannate da fattori territoriali: 2/3 delle province italiane raggiungerà l’obiettivo della riduzione del 50% del numero di morti entro il 2010 ma il terzo restante registra una diminuzione troppo esigua o addirittura un aumento. La stessa Unione Europea afferma che porsi un obiettivo non è di per sé sufficiente, bisogna eliminare i divari territoriali.
Il primo passo potrebbe essere l’abbattimento dei grandi divari, dove si registrano il maggior numero di morti – basti pensare che le prime 5 province per numero di morti coprono più di 1/5 della mortalità su strada di tutta l’Italia – e soprattutto un’azione strategica, ampia e intelligente.
La capacità stessa di intervenire è assai bassa . I finanziamenti nel campo della sicurezza stradale sono stati totalmente bloccati dal 2004 al 2007 e con le ultime sono stati destinati finanziamenti veramente marginali: 53 milioni di euro per un paese con 5.000 morti dichiarati (non effettivi) come l’Italia in confronto a 35 milioni di euro per un paese con 340 morti/annui come l’Irlanda (circa l’incidentalità della Provincia di Roma).
Senza dimenticare il gap normativo e legislativo nel campo della sicurezza stradale, della progettazione stradale e nella pianificazione integrata dei trasporti.
Qui lo studio presentato alla consulta nazionale della sicurezza stradale sullo stato ed evoluzione della sicurezza stradale secondo la nuova serie di dati Istat